Vuoi conoscere i grandi stilisti italiani degli anni '60 e il ruolo che hanno avuto nella leggendaria moda del decennio? Leggi questo articolo. 

Gli anni ’60 portano in sé un fascino mai tramontato. In una moda sempre più globale cambiano forme e colori, e in Italia i nomi di alcuni stilisti emergono come interpreti di una rivoluzione culturale in linea con le grandi trasformazioni del mondo.

Ancora oggi il mito dei Sixties crea nostalgia e la moda ogni tanto da lì prende spunto riproponendo capi e accessori di ispirazione vintage.

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Stilisti italiani degli anni '60: i grandi interpreti del cambiamento

Stilisti italiani

Lo spirito degli anni ’60 ha travolto tutto il mondo e in Italia alcuni stilisti, più di altri, hanno voluto esprimere nelle loro creazioni i sogni e le speranze di questo tempo. 

I Sixties sono innanzitutto gli anni della “Puccimania”. Lo stilista Emilio Pucci lancia la sua prima collezione di alta moda nel 1962, caratterizzata da ricami in cristalli Swarovski, e la sua fama si diffonde nel mondo per gli stampati serici a motivi psichedelici che diventano uno status symbol e per le collezioni ispirate alla Pop Art e alle suggestioni esotiche dei suoi viaggi. Il ’68 segna l’esordio nella moda maschile in collaborazione con Ermenegildo Zegna. 

Elio Fiorucci inizia a farsi strada all’inizio del decennio quando le sue scarpe impermeabili dai colori sgargianti nel giro di poco vanno sold-out. Il suo sogno era quello di visitare la mitica Swinging London, viverne l’atmosfera, conoscere gli stilisti e le loro creazioni. A metà decade il suo viaggio oltremanica diventa realtà ed egli torna in Italia con il desiderio di portare nella sua Milano lo spirito libero e trasgressivo dei negozi londinesi: nel 1967 apre il suo primo punto vendita in Galleria Passarella e lì espone pezzi dei suoi fashion designer inglesi preferiti, come Biba, Zandra Rhodes e Ossie Clark. Il brand Fiorucci è quello che renderà pop la moda italiana divenendo iconico negli anni Ottanta. 

Il 1966 è l'anno della prima sfilata della maison Missoni. A Palazzo Pitti nel 1967 alcuni outfit ricevono critiche per la loro eccessiva trasparenza, indossati da modelle senza il reggiseno sotto la maglieria di lamé; negli anni successivi la storica direttrice di Vogue Diana Vreeland porta Ottavio Missoni e Rosita Jelmini a New York e l’America viene conquistata da questo brand. I due stilisti vogliono creare un mondo allegro, fatto di accostamenti multicolor inediti, dove esistono tantissimi toni e sfumature, e proprio le tecniche di lavorazione con cui mettono insieme costruzioni di punti e motivi nella maglieria li renderanno celebri rivoluzionandola per sempre verso la fine del decennio. 

Valentino Clemente Ludovico Garavani, o semplicemente Valentino, finito il suo praticantato in Francia torna in Italia e il resto è storia. Nel 1960 fonda la sua maison insieme a Giancarlo Giammetti, nel ’62 partecipa alle sfilate Pitti di Firenze e nel giro di qualche anno diventa lo stilista italiano più richiesto al mondo; in molti Paesi vengono aperte boutique Valentino e, alla fine degli anni ’60, disegna il vestito da sposa di Jacqueline Kennedy. Il lusso delle sue creazioni è universalmente apprezzato perché unisce uno stile haute couture a tocchi audaci e stravaganti, dai print macro al famoso “Rosso Valentino”, quel colore né rosso né arancione con cui si chiuderanno tutte le sfilate del brand. 

Per citare altri nomi famosi, a metà decennio un giovanissimo Karl Lagerfeld diventa direttore artistico della maison Fendi e così inizia la notorietà di questo atelier di pellicceria che comincia a farsi strada anche negli USA e in Giappone. Sempre nello stesso periodo, precisamente nel 1966, una giovanissima Laura Biagiotti firma la sua collezione di prêt-à-porter per Schuberth. 

Gli anni ’60 nel mondo: fra trasformazioni sociali e nuove icone

The Beatles

Gli anni ’60 sono il periodo in cui tutto il mondo occidentale vive grandi trasformazioni che si ripercuotono a livello globale. Sono gli anni del presidente Kennedy, quelli in cui l’uomo mette piede sulla Luna, delle contestazioni studentesche, dell’opposizione alla guerra del Vietnam, l’epoca di Woodstock, il decennio in cui i giovani si ribellano alle vecchie convenzioni sociali e a ogni forma di autoritarismo proponendo nuovi modelli di vita, contrari a quelli della società dei consumi

Proprio tali cambiamenti, cercando sfogo in tutte le forme di espressione conosciute dall’uomo, hanno creato qualcosa di straordinario di cui ancora oggi subiamo il fascino e che ha investito moda, cinema, televisione e design. In questi anni Andy Warhol incuriosisce il mondo con i suoi ritratti colorati di Marilyn Monroe, è il periodo della Swinging London dei Beatles e dei Rolling Stones e quello in cui inizia a farsi strada la cultura Hippy che esploderà nel decennio successivo. Nel 1961 esce Colazione da Tiffany che eleva una esile Audrey Hepburn a icona fashion e da lì a poco la sedicenne londinese Twiggie, con la sua postura sgraziata e il suo aspetto androgino da ragazzina ribelle, diventa la pioniera delle supermodel, molto più che un simbolo della sua epoca, cambiando completamente il prototipo di bellezza rispetto all’ideale incarnato dalle dive del passato.

Nel frattempo, in Italia, nel 1960 esce La Dolce Vita di Federico Fellini, la Fiat 600 diventa l’auto preferita, i dischi in vinile fanno volare ovunque i 24000 Baci di Celentano e le Mille Bolle Blu di Mina, le gemelle Kessler ballano il Dadaumpa e nel 1964 arriva dagli USA un nuovo giocattolo che ogni bambina da lì in poi avrebbe avuto: la Barbie.

Non solo stilisti italiani: la moda entra in una nuova epoca

Swinging London minigonna

Dagli anni ’60 in poi la moda entra in una nuova epoca. Il concetto che moda = élite appartiene sempre più al passato e la manifattura accurata lascia posto al prêt-à-porter; la contaminazione tra le arti e la ricerca del “nuovo” favoriscono la liberazione dagli schemi e incoraggiano le sperimentazioni. Il modo di vestire incarna il mood rivoluzionario dilagante e diventa portatore dei nuovi ideali dei giovani in prima linea, più aggressivo e deciso rispetto agli anni precedenti: minigonne, maglie dai colori sgargianti, camicie attillate, fantasie geometriche, accessori vistosi. La moda degli anni ’60 è il grido di libertà di una generazione determinata a farsi ascoltare ed è proprio lei a creare il suo stile, ispirandosi alle neo-culture del cinema e della musica; è così che inizia ad affermarsi il concetto di “Mix and match”, ovvero il mescolare nello stesso outfit stili diversi grazie alla combinazione di materiali, forme e colori. 

Ecco le tappe cardine di questo decennio: nel 1965 la londinese Mary Quant rivoluziona il modo di vestire femminile con l’invenzione della minigonna, simbolo di autonomia e indipendenza, e sceglie la sua parrucchiera diciassettenne Twiggy per incarnare questo nuovo ideale; sempre in quegli anni Yves Saint Laurent veste la donna in smoking e pantaloni facendo scandalo, così come aveva fatto con l’invenzione dell’abito a trapezio qualche anno prima, e la sua Collezione Mondrian nel 1965 marca lo stile dell’epoca proponendo abiti e cappotti dalla linea essenziale e in color block, una contaminazione indovinata di arte e moda. Paco Rabanne e Courréges rompono gli schemi presentando ai giornalisti abiti in piastre di metallo e in plastica.

Tutto è all’insegna della libertà e della ribellione: dalla forma grafica degli abiti decorati con fantasie geometriche, optical, a pois o a righe, agli accessori come fibbie, occhiali e gioielli che diventano grandi e colorati, al trucco che elimina il rossetto e valorizza gli occhi spingendosi fino alle tempie a creare un effetto “bambola”, ai capelli dove spopolano il pixie cut e le code di cavallo cotonate.  

Gli immortali anni Sessanta

Milano Fashion Week

Certe epoche della storia hanno il sapore del mito e, di tanto in tanto, la nostalgia si fa sentire così forte che ci volgiamo indietro per riviverle almeno un po’.

Nessun altro periodo come gli anni Sessanta, forse, è rimasto così radicato nell’immaginario collettivo perché ha rappresentato tante, troppe cose. Gli stilisti, dal canto loro, hanno il potere di far vivere tutto ciò che desiderano come se fosse reale, qui ed ora, e di far innamorare di un mondo passato anche chi non ha avuto modo di conoscerlo.

Ed è così che in tante collezioni proposte anche negli ultimi anni ritorna quella sensazione travolgente di libertà, di voglia di colori e di ribellione come inizio di una nuova vita: in passerella sui corpi delle modelle sfilano linee svasate, misure cortissime, colori sgargianti, stampe geometriche, cerchietti e foulard, ballerine e occhiali grandi dalle montature variopinte. Forse perché le epoche cambiano, ma l’uomo in fondo è sempre lo stesso e quel desiderio di libertà e di leggerezza non lo abbandonerà mai.

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