Vico Equense è un centro antico con tanti sentieri che meravigliano chiunque li attraversi grazie ai paesaggi mozzafiato tra la folta macchia mediterranea. Da Massaquano, il più antico casale di Vico a Monte Faito, punto di partenza di diversi itinerari è un susseguirsi di arte e meraviglie naturali adatte ai più esperti camminatori e a famiglie.
Il territorio di Vico Equense con i suoi Casali, sorti come rifugio degli abitanti dalle scorrerie dei saraceni, invita ad una piacevole passeggiata ammirando il paesaggio della costa o le dolci colline e la sua macchia mediterranea che con i suoi profumi riesce a creare quella magnifica sensazione di leggiadria. Nell’attraversare i casali di Sant’Andrea e San Salvatore si susseguono qiuete e semplicità e così lungo tutto il percorso dei casali si scorgono resti diroccati e distese di orti o vigneti.
Storia, leggenda e mito creano un originale intreccio che invita alla scoperta. Le diverse civiltà che si sono succedute si scorgono nell’architettura, sui portali e nelle cupole maiolicate dei casali, le verdi distese di olivi riconducono al culto di Minerva, i pendii del Monte Faito evocano maghi e folletti che li hanno scelti come loro dimora.
Itinerario collinare: Massaquano, Alberi e Monte Comune
MASSAQUANO è il più antico casale di Vico Equense a circa 330 metri sul livello del mare. Lungo questo itinerario sarà possibile visitare la Cappella di Santa Lucia, ricoperta di affreschi di matrice tardo giottesca e la Chiesa di san Giovanni Battista all’Olmo. Da non tralasciare l’aspetto paesaggistico e naturalistico con la folta macchia mediterranea presente.
Dal casale di ALBERI parte un sentiero breve ma interessante che sale tra gli ulivi sino alla collina dei Camaldoli, dove si possono ammirare, oltre allo splendido panorama sulla Piana di Sorrento, i resti di un antico Eremo camaldolese, in seguito diventato Villa Giusso. I Camaldoli possono essere raggiunti anche attraverso una strada carrozzabile che parte dalla Via Raffaele Bosco, nei pressi di Arola; questo percorso, dopo il tratto iniziale in ripida ascesa è pressoché pianeggiante, fiancheggiato da castagni e da ulivi.
MONTE COMUNE, una collina di natura calcarea, alta 877 metri, può essere raggiunto mediante sentieri o mulattiere che partono da varie frazioni della parte collinare di Vico Equense. Rappresenta un’antica area agricola utilizzata per il pascolo della mucca agerolese da cui si ottiene il latte per il famoso e gustoso provolone del monaco. Giunti sull’altura del monte la vista che ci apre innanzi e è spettacolare infatti nelle giornate terse è possibile arrivare a vedere Punta Licosa. Si spazia dal golfo di Salerno a quello di Napoli passando per l’isola di Capri. Il tutto tra odori e colori inimmaginabili. Lungo questo percorso fioriscono anemoni, narcisi e crochi oltre a diverse specie di orchidee. Dai castagneti cedui si ricava inoltre il legno per realizzare le tipiche “pagliarelle” utilizzate in tutta la costiera per proteggere dal sole e dal freddo invernale le piante di agrumi.
Itinerari montani: da Moiano a Monte Faito
Il casale più grande della zona collinare è quello di MOIANO, a quota 512 m s.l.m., alle pendici di Monte Faito. E proprio Moiano può essere considerata la porta d'accesso a quella che è la montagna più alta e più importante dei Monti Lattari; la strada più antica è quella che, partendo da Moiano e passando per la località Chiaiare, giunge nei pressi dell'attuale Centro Sportivo di Faito, a quota 967 m s.l.m.. E’ questo un sentiero piuttosto impegnativo, ma molto interessante dal punto di vista paesaggistico e naturalistico, passando dalla macchia mediterranea a fitti castagneti. Dal Centro Sportivo, raggiungibile anche da Vico Equense mediante la Strada Statale n. 269, una comoda strada asfaltata permette di giungere facilmente alla Sorgente Lontra, tra pini, castagni e faggi che con il loro fogliame creano suggestioni mutevoli in ogni stagione.
Il punto ideale di partenza dei vari itinerari su MONTE FAITO è il Piazzale dei Capi, cosi detto perché in passato era il punto in cui erano situati i cavi (dialettalmente detti "capi") di una teleferica utilizzata per trasportare agevolmente a valle legname ed altri prodotti del Faito. Dal Piazzale dei Capi un sentiero percorre tutta la cresta del monte sino al Santuario di San Michele a quota 1268 m s.l.m., tra pini e faggi, mentre il panorama si apre sulla Piana del Sarno, dal Vesuvio ai Monti del Matese, sino ai Monti Picentini. Poco lontano dal Santuario di San Michele, lungo la strada che porta al Piazzale dei Capi, si apre nella faggeta la radura di Pian del Pero, a quota 1159 m s.l.m., da dove partono due sentieri che permettono di inoltrarsi nel bosco, alla scoperta dei mille aspetti della sua natura. Il primo, più breve, conduce al Monte Cerasuolo, a quota 1213 m s.l.m., con una splendida vista panoramica sull'intero Golfo di Napoli. Il secondo conduce alla Conocchia, a quota 1275 m s.l.m. e, benché più lungo e impegnativo, nel tratto iniziale è del tutto pianeggiante e si svolge su un comodo sentiero percorribile anche con carrozzine di bambini o disabili, attraversando tutta la faggeta sino alla località Casa del Monaco. Dal Santuario di San Michele, attraverso un facile sentiero immerso nella faggeta, si giunge alle Fosse della Neve: grosse buche scavate nel terreno in cui, nei mesi invernali, coperta da foglie e terreno, veniva accumulata la neve che, ghiacciata, si conservava a lungo, sino ai mesi estivi, quando veniva scavata e trasportata a valle, e da lì a Napoli, per produrre bibite rinfrescanti. Intorno a queste fosse si notano dei faggi dal tronco grande e maestoso che, diversamente dagli altri, non venivano tagliati periodicamente perché con la loro ombra favorivano la conservazione della neve. Dallo spiazzo che costituisce il punto di partenza di questo sentiero, ne parte un altro che, dopo un breve tratto in discesa, sale sempre più in alto, verso la cima del Monte Sant'Angelo a Tre Pizzi, a quota 1444 m s.l.m., in territorio del Comune di Pimonte. Il paesaggio che si apre è maestoso con panorami sorprendenti che si estendono fino alle isole Ponziane e al Promontorio del Circeo. La flora è ricchissima ma a farla da padroni pini di Calabria, cedri,abeti e castagni. Lungo il percorso si incontra la Grotta dell'Acqua Santa, sulle cui pareti cresce una minuscola pianta carnivora, la Pinguicula hirtiflora, relitto dell'ultima Era glaciale. L'ultimo tratto dell'ascesa al monte, detto "Il Molare" per la sua forma caratteristica, è particolarmente ripido ed impegnativo, ma la difficoltà incontrata viene ampiamente compensata dalla vista di cui si può godere dalla vetta, potendo spaziare a 360 gradi, dal Golfo di Gaeta sino a Punta Licosa, estremo meridionale del Golfo di Salerno, e dai Monti del Matese ai Monti Alburni.
Arte e Storia tra Santa Maria del Toro, Massaquano e San Salvatore
I Casali di Vico Equense, raggiungibili attraverso sentieri o scale immersi nella natura, e nello specifico olivi, castagni e cespugli di macchia mediterranea, giungono tutti sull’arteria principale che è la panoramica via Raffaele Bosco da cui si ammira lo scenario dell’azzurro mare a destra e le dolci colline sulla sinistra.
Borgo di Santa Maria del Toro: secondo un’antica leggenda il nome di questa frazione si deve ad un evento al quanto particolare: gli abitanti scorsero un giorno un toro che si genufletteva proprio nel luogo dove, coperta da rovi e sterpaglie, si trovava una stalla con dipinta l’immagine della Madonna col bambino e quindi si decise di erigere proprio in quel luogo una Chiesa. Oggi entrando nella piccola chiesa che ha una cupola affrescata raffigurante la glorificazione di san Gaetano si rimane estasiati dal soffitto a cassettoni di faggio e tiglio del XVII secolo, mentre l’effigie raffigurante la Madonna riscoperta nella stalla è custodita dietro l’altare principale. Tra olivi e castagni la via dei Mulini, che fu costruita da Alfonso D’Aragona per collegare Vico a Castellammare. Conserva l’acquedotto che alimentava il mulino fatto edificare nel 1478 da Alfonso D’Aragona.
A Massaquano, il più antico casale di Vico, si trova invece una chiesa del XIV secolo a dedica di San Giovanni Battista e da cui ogni anno parte la processione che conduce la statua bizantina di Santa Maria a Chieia fino al Convento di san Francesco attraverso un antico sentiero. Il convento è ad una sola navata con cupola ottagonale. Interessante per una vista, ma solo su richiesta, è l’oratorio del convento che è adorno di maioliche settecentesche di scuola napoletana e che contiene anche l’affresco dell’Ultima cena di Ludovico Spagnolo del 1636. Sotto al convento c’è il cimitero e da qui è possibile intraprendere un sentiero che conduce alla bellezza senza fiato, infatti in poco più di mezz’ora si raggiunge la Sorgente della Sperlonga che offre una vista della costa e del Vesuvio senza uguali. A Massaquano in un oscuro sottopasso si erge la trecentesca chiesa di Santa Lucia di struttura gotica e con volta a crociera e alle pareti affreschi riportati da poco alla luce.
La piccola e tranquilla frazione di San Salvatore si caratterizza per tante case coloniche ammassate tra loro e la Chiesa di Santa Maria delle Grazie che conserva in una delle nicchie una Madonna oggetto di grande devozione dagli abitanti del luogo. La particolarità di questa chiesa è però data anche dalla scelta dei colori pastello che la caratterizzano.
Ogni casale è un gioiello prezioso
Da San Salvatore, proseguendo il sentiero in salita si giunge alla “Grotta dell’Eremita”, una grotta seminascosta dagli arbusti che conserva su una parete una Madonna con bambino e san Giuseppe scolpita in altorilievo. Nel percorso che conduce al MONTE FAITO, si trova a 600m di altitudine Moiano che conserva nella chiesa di san Renato la statua lignea del vescovo di Sorrento.
Attraverso via Gradoni verso Ticciano tra aie e campi coltivati una lunga gradinata conduce ad una piccola cappella del XV sec. E in questo luogo silenzioso e fortificato gli abitanti di Vico si rifugiarono per sfuggire alla peste nel 1656. Da qui attraversano un sentiero boschivo si giunge in un affascinante spiazzo da cui si gode una vista a strapiombo su Positano.
Prezzano, tra Arola e Ticciano, è famosa per la sua sagra della melanzana che si svolge ad agosto. Nell’occasione è possibile anche vistare le stradine dell’antico borgo ed alcuni portoni vengono utilizzati per accogliere artigiani locali.
Prezzano è infatti famosa sia per la lavorazione della seta che per l’abilità della lavorazione del legno di castagno che diventa "sporte" (ceste) per la frutta, la verdura o il pesce. Il legno dopo essere stato messo ad asciugare in forno viene tagliato a striscioline e quindi inizia la maestria dell’intreccio che richiede grande pazienza e ore di lavoro per un prodotto utile ma anche ornamentale.
Arola è un casale con duplice affaccio: costiera sorrentina e golfo di Napoli. Molto forte ancora oggi la testimonianza di edilizia contadina e suo luogo centrale è la chiesa di S.Antonino del XVI sec dedicata al santo che secondo la leggenda si sarebbe fermato proprio in questo luogo a dissetarsi. Ad Agosto lo spiazzo di questa chiesa diventa centro della famosa “sagra del Riavullillo”, formaggio tipico arolese con dentro peperoncino e oliva. Da Arola imboccando via Camldoli si giunge alla collina di Astapiana e superato l’arco di una torre merlata si arriva all’ex Convento camaldolese, oggi proprietà privata e residenza de charme. Questo luogo è raggiungibile anche attraverso una stradina in salita che parte da Alberi. Quindi discendendo si incontra Fornacelle che accanto alla chiesa dei santi Pietro e Paolo ha un bel campanile con orologio in ceramica colorata.
Riprendendo la strada panoramica di via Raffaele Bosco si giunge a Seiano che domina la piana di Equa. Il borgo risale al 1300 e nella chiesa di S. Maria Vecchia, che sul portale d’ingresso conserva l’affresco di Madonna con Bambino, una singolare collezione di ex voto tutte a tema marino. A pianta rotonda e di stile neoclassico è invece la chiesa di San Marco Evangelista che custodisce sull’altere maggiore, ai lati del tabernacolo, le “Chartae Gloriae” in lamina d’oro. Imboccando la stretta via Punta La guardia si raggiunge, attraverso un percorso tra limoni e aolivi con balconcini in pietra e bianche case di contadini, Punta Scutolo e la sua torre, quindi riprendendo la statale verso Sorrento si arriva a Montechiaro, famosa per la Chiesa di Santa Maria delle Grazie che si può ammirare da tutta la penisola grazie anche al suo caratteristico colore rosso pompeiano.
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