Castelli da favola, palazzi impossibili da stare stare in piedi e draghi. E poi via, sulle tracce dell’assassino. Dove siamo?
Torino, una città dai mille volti e altrettanti segreti. E dove nasconderli se non in bella vista, sulle facciate dei suoi palazzi. Guardatevi intorno e vi si aprirà un mondo su storie passate, alcune celebri, altre solo sussurrate. Ve ne raccontiamo dieci. Ce ne sono di irriverenti, insolite ed enigmatiche. E con quell’alone di mistero che nella “città magica” non può mai mancare.
10. La casa dei draghi di Cit Turin
A cavallo tra ‘800 e ‘900, Torino si fa eclettica e agli inconfondibili tratti barocchi si aggiungono dettagli che rimandano all’Art Nouveau francese. Diventa così la capitale italiana del liberty, stile che ne ha ridisegnato l’architettura durante la belle époque.
Girando per la città non faticherete a riconoscere gli ipnotizzanti palazzi abbelliti con fregi floreali, decorazioni in ferro battuto e vetrate colorate. Nel quartiere Cit Turin ce ne sono di singolari ed eccentrici. Uno in particolare risale al 1922, commissionato dal Cavaliere del Lavoro Giovanbattista Carrera all’ingegner Gottardo Gussoni. È una struttura di cinque piani che fonde alla perfezione neogotico francese e liberty.
Il nome della residenza è Casa della Vittoria, un omaggio all’Italia all’indomani del primo conflitto mondiale. L’appellativo di Casa dei Draghi lo si deve alle figure alate presenti ai lati del magnifico portone d’ingresso. Altre decorazioni affini sono presenti sia esternamente che negli interni del palazzo, a loro volta una rappresentazione allegorica dell’Italia vittoriosa.
9. Il palazzo con la mano misteriosa di Torino
Leggende e misteri sono per Torino come la Mole Antonelliana, la Fiat e il cioccolato: un simbolo, un trattato distintivo che la rendono riconoscibile. Non è un caso che venga definita “città magica”. Il palazzo di cui stiamo per parlarvi cela un dettaglio che solleva molti interrogativi.
Al civico 45 di corso Matteotti, non distante dalla stazione di Porta Susa, c’è una bella residenza di colore rosato che richiama nei dettagli e nei particolari architettonici lo stile veneziano. Osservatela bene: noterete sporgere al di sopra del portone d'ingresso delle pallide dita che stringono un foglio. A chi appartiene quella mano?
Forse si tratta di un simbolo discreto messo ad indicare in passato la presenza di una casa chiusa all’interno, ma c’è una versione della storia decisamente più fantasiosa e che vogliamo raccontarvi.
Narra di una cortigiana francese, Ebe di Marivaux, tanto bella quanto squattrinata e con uno stuolo di ammiratori pronto a finanziare ogni sua richiesta. Una sera, proprio vicino al palazzo di corso Matteotti, un facoltoso amante, sedotto e abbondato in bancarotta, tentò maldestramente di vendicarsi. Accadde però che il pugnale che avrebbe dovuto ferire la giovane finì dritto nel tronco di un albero, che fu così ribattezzato “albero di Ebe”.
Che cosa c’entra la mano sul palazzo con questa storiella? La piccola sporgenza potrebbe essere un omaggio di un ammiratore alla bella Ebe, oppure raffigurare la stessa cortigiana che tende una lettera d’addio ad un amante. A voi sceglie quale versione preferire.
8. Palazzo Carignano
Undici delle ventidue residenze sabaude Patrimonio Unesco si trovano a Torino: Palazzo Carignano è una di queste. Nel nostro articolo vi parleremo anche di altri edifici inclusi nel circuito, prima però vogliamo portarvi in uno degli angoli più celebri della città.
Ci troviamo in pieno centro, piazza Carignano, la stessa dove si affacciano il teatro omonimo e il Collegio dei Nobili, sede del Museo Egizio e dell’Accademia delle Scienze. Palazzo Carignano è un gioiello del barocco piemontese voluto da Emanuele Filiberto “Il Muto” e progettato dall’architetto modenese Guarino Guarini.
La sua facciata è inconfondibile. A partire dal colore, dato dalle sfumature calde e rossastre del cotto, e dalle curve della sua silhouette. Realizzato nel XVII secolo, il palazzo è residenza dei Principi di Carignano fino al 1831, dopodiché diventa sempre più protagonista delle vicende risorgimentali. È sede del Consiglio di Stato, della Camera dei deputati del Parlamento Subalpino e successivamente primo Parlamento del Regno d’Italia.
Cosa vedere a Palazzo Carignano? Il Museo Nazionale del Risorgimento Italiano: dipinti, armi, uniformi e reperti di ogni tipo risalenti al periodo delle lotte per l’unificazione dell’Italia. È inoltre possibile visitare la Camera dei deputati del Parlamento Subalpino, un monumento nazionale dal 1898.
7. Casa Fenoglio – La Fleur, un inno al liberty
La si può ammirare solo esternamente, ma vi consigliamo ugualmente di programmare una visita veloce a Casa Fenoglio, un monumento emblematico del liberty in Italia e nel mondo. Anch’essa come la Casa dei Draghi si trova in zona Cit Turin, per l’esattezza all’incrocio tra corso Francia e via Principi d’Acaja.
Si tratta di un palazzo di quattro piani progettato da Pietro Fenoglio tra il 1902 ed il 1903. L’intento dell’architetto e ingegnere era di fare della propria abitazione un manifesto della nuova corrente artistica, la cui grande popolarità esplose durante l’Esposizione Internazionale di Arte Decorativa Moderna di Torino del 1902.
Fenoglio progettò con dovizia di particolati la facciata della palazzina, che si rifà all’estetica belga e francese. Alcuni dettagli rimandano alle pensiline della metro di Parigi di Hector Guimard.
A seguito della vendita dell’immobile all’imprenditore francese La Fleur, il nome del nuovo proprietario venne aggiunto a quello dell’abitazione.
6. Palazzo Madama
È tra gli edifici più famosi ed emblematici di Torino e d’Italia, uno di quelli che hanno visto (e fatto) la storia del paese. Palazzo Madama, sito UNESCO, è la sintesi in marmo dell’architettura e dello stile torinese. Si trova in pieno centro, a piazza Castello, un condensato di arte e grandiosità a pochi passi dal Palazzo Reale.
La storia di questa possente residenza, primo Senato del Regno d’Italia, è lunga è articolata: da porta cittadina (la Porta Decumana di epoca romana) a fortezza prima e castello poi. Un passato che si legge anche sulle imponenti facciate, una medievale e l’altra barocca.
Il Museo civico di arte antica ha sede a Palazzo Madama. Chi vuole visitarlo troverà al suo interno quattro piani in cui vedere dal vivo ciò che vi stiamo raccontando, dalle sontuose decorazioni delle stanze reali alla grandiosa collezione di arti decorative.
Perché si chiama Palazzo Madama? Le dame in questione sono due, Maria Cristina di Borbone-Francia e Maria Giovanna Battista di Savoia-Nemours, donne straordinarie che hanno impresso il loro gusto al castello rendendolo una dimora raffinata e lussuosa.
5. Villa Scott, nella casa che ha ispirato Dario Argento
Il liberty incontra il neobarocco in un mix squisitamente piemontese. Villa Scott, un progetto datato 1902 di Pietro Fenoglio, è un trionfo di linee sinuose, ampie vetrate e decorazioni floreali nel quartiere Borgo Po, sulla Collina di Torino.
Vi sembra di averla già vista? Probabilmente è così. Il regista Dario Argento ha ambientato qui alcune scene chiave del suo capolavoro del 1975, Profondo Rosso. L’elegante scalinata all’ingresso è la stessa che viene percorsa dal protagonista in cerca della soluzione a un enigma inquietante.
Mentre all’epoca delle riprese era sede di un collegio femminile gestito dalle Suore della Redenzione, Villa Fatima, oggi la casa è tornata ad essere un’abitazione privata. Niente caccia all’assassino dunque, ma nulla vieta di osservare gli esterni dalla strada.
4. La Fetta di polenta di Torino: Casa Scaccabarozzi
Alessandro Antonelli fu architetto visionario che regalò a Torino edifici iconici. La Mole Antonelliana è la sua opera più emblematica, ma ce ne sono altre, singolari e curiose, che sono entrate nel cuore dei torinesi e continuano a suscitare stupore e meraviglia.
Casa Scaccabarozzi è una di queste. Se il nome non vi dice niente, forse vi suonerà più familiare il soprannome, Fetta di polenta. Ed in effetti, questa palazzina di 24 metri e 9 piani nel quartiere di Vanchiglia vi ricorderà davvero una grande porzione di polenta.
Lo farà un po’ per il colore giallo paglierino e un po’ per le dimensioni, che sono decisamente insolite e dovevano risultarlo ancor di più nel XIX secolo. È un trapezio isoscele le cui misure sono di circa 4 metri su corso San Maurizio, 16 metri su via Giulia di Barolo e 54 centimetri nel punto più stretto. Ed ha una pendenza versa la strada di oltre 30 centimetri. Una “casa impossibile”.
Come fa a stare in piedi un edificio del genere? Dovevano esserselo chiesto anche i potenziali inquilini al termine dei lavori nel 1881, tant’è che lo stesso Antonelli vi si trasferì con la moglie perché si faticava a trovare acquirenti sufficientemente interessati (o abbastanza coraggiosi).
Si trova in centro a Torino, a circa cinque minuti a piedi da Piazza Vittorio: fateci un salto ed ammirate la struttura dall’esterno.
3. Il Castello del Valentino
Sembra Parigi e invece non vi siete mossi da Torino. Ci troviamo nel Parco del Valentino, sulle rive del Po, in quella che è oggi la sede della Facoltà di Architettura del Politecnico. Il castello è una delle residenze sabaude Patrimonio Mondiale UNESCO.
Emanuele Filiberto di Savoia lo acquista nel 1564 da Renato Birago. All’epoca la costruzione si presenta come una villa fluviale. Cinquant’anni dopo, Cristina di Francia, reggente del Ducato di Savoia, imprime una forte allure francese al nuovo palazzo, che fa arricchire degli elementi tipi dell’architettura transalpina.
Così come aveva brillato negli anni del fermento nutrito dalla “Madama Reale”, allo stesso modo alla morte di Cristina la maestosa residenza si spegne progressivamente. Solo nell’800 tornerà protagonista, prima con l’Esposizione Nazionale del 1858 e successivamente, nel 1860, ospitando la facoltà di ingegneria di Torino.
Perché il Castello del Valentino si chiama così? Secondo alcune fonti, il riferimento è alla particolare conformazione dell’area in cui sorge, una valle su cui scorreva un ruscello, la bealera del Valentino, che è oggi interrato. Un’altra scuola di pensiero fa invece riferimento a San Valentino, le cui spoglie pare fossero conservate in una chiesa nei pressi del parco.
2. Villa della Regina, una vigna nel cuore di Torino
Attraversate il ponte Vittorio Emanuele I e dalla movida di Piazza Vittorio vi troverete in un paesaggio diverso. Siete sempre in città ma sarà come essersi allontanati di chilometri.
La Villa della Regina è una magnifica costruzione barocca amatissima dalle dame di casa Savoia e residenza delle regine nel XVIII secolo. La struttura vi sembrerà quasi quella di una residenza di campagna, circondata com’è dal verde di giardini all’italiana e vigneti. Da notare che ci sono pochissime vigne urbane in Europa ed una di esse si trova nella proprietà della villa.
A volerne la costruzione è il principe Maurizio di Savoia, che la rende un luogo di ritrovo per intellettuali e uomini di scienza, la cosiddetta Accademia dei Solinghi. Il padiglione in cui si riuniva il prestigioso circolo si trova sul retro ed ha la forma di una di pagoda.
Visitatela negli ampi spazi esterni e nelle lussuose sale interne, tra cui spiccano i raffinati gabinetti cinesi.
1. Il Palazzo Reale di Torino
Patrimonio UNESCO dal 1997, il Palazzo Reale è, insieme all’Armeria Reale, alla Galleria Sabauda, a Palazzo Chiablese e al Museo Archeologico, parte dei Musei Reali.
I lavori che cambiano volto all’antico palazzo vescovile, che Emanuele Filiberto di Savoia sceglie come sua residenza nel 1563, cominciano sul finire del ‘500. Un trionfo d’oro e barocco a firma dei grandi artisti e architetti che si alternano nella gestione del cantiere e nella realizzazione delle decorazioni della dimora, simbolo di prestigio e potere per i Savoia.
Dopo l’Unità d’Italia la famiglia reale si trasferisce a Firenze e il palazzo torinese viene via via frequentato sempre meno. Con l’avvento della Repubblica è ormai pressoché abbandonato e solo nel 2007 verrà aperto al pubblico. Tra i dettagli più noti e mirabili di tutto l’edificio spicca la Scala delle forbici di Filippo Juvarra, un grande scalone scenografico a tre rampe del XVIII secolo.
L’architetto di corte è chiamato a compiere un’opera di non facile realizzazione visto il dislivello e la particolare struttura dell’ambiente. Non solo riesce egregiamente nell’impresa, ma si toglie anche qualche sassolino dalla scarpa. In uno dei medaglioni che decorano la scala compaiono infatti un mascherone a bocca aperta e delle forbici pronte a tagliarne la lingua biforcuta. Una sottile vendetta sui suoi detrattori.