Ti portiamo in viaggio con noi in uno dei borghi più belli delle Marche. Questo è il nostro racconto in prima persona di Treia.
A volte perdersi è l’unico modo per trovarsi davvero. Viaggiando nel cuore delle Marche, tra colline silenziose e profumate di fiori, ho imboccato una strada secondaria. Così ha preso vita il mio vero viaggio: un'avventura inattesa tra undici borghi nascosti delle Marche, dove storia e bellezza si intrecciano in ogni angolo.
In ogni episodio vi accompagnerò in un borgo unico, svelandovi i segreti delle sue antiche vie, tra paesaggi che tolgono il fiato e storie senza tempo.
Venite con me: questo è Hidden Gems - The Enchanting Villages of Le Marche.
Oggi andiamo a Treia.
Ascolta Hidden Gems - The Charming Villages of Le Marche: Treia
Direzione Treia
Vista da lontano, Treia è esattamente come ti aspetti che sia un antico borgo del Centro Italia, ovvero un presepe di palazzi di pietra che svettano tra verdi colline.
Nel vederla diventare sempre più grande mentre mi avvicino a bordo dell’auto noleggiata per l’occasione, non sembra avere alcuna caratteristica particolare che la faccia risaltare rispetto ad altri paesi di cui la regione abbonda. Intendiamoci, che sia un posto bellissimo e pieno di fascino è lampante e si intuisce subito, ma cos’ha di speciale che lo differenzia da altri luoghi simili?
Riesco a darmi una risposta piuttosto netta alla fine di una giornata decisamente intensa, fatta di scarpinate, scorpacciate, storie e panorami infiniti. Ma condividerò con voi le mie riflessioni più avanti. Per ora, godiamoci il viaggio.
Treia, un amore a prima vista
Treia ha una forma molto particolare, in quanto si sviluppa su uno sperone roccioso stretto e lungo. È la prima di molte sorprese, piccole e grandi, che mi attendono una volta oltrepassate le antiche mura difensive che cingono il borgo.
Il paese conta otto porte d’accesso. Io faccio il mio “ingresso trionfale” da Porta Palestro, che mi immette direttamente in piazza Don Nicola Cervigni. L’attenzione è subito catturata dalle chiese dirimpettaie che sovrastano lo slargo. Sulla sinistra c’è la romanica San Michele e di fronte la splendida Santa Chiara, un gioiellino barocco dove — ed ecco un’altra chicca — sembra sia conservata la statua originale della Madonna nera di Loreto.
Mi è presto chiaro che ad attrarre, di Treia, non sono soltanto i suoi principali punti d’interesse, le rievocazioni storiche, i musei, le ville neoclassiche. Ma anche quegli scorci più dimessi, nascosti e romantici che si svelano a poco a poco, vicolo dopo vicolo.
Il mood della giornata sarà un po’ questo, ovvero un continuo perdersi e stupirsi tra dettagli apparentemente banali, ma che celano sempre una storia, un aneddoto, una leggenda.
Mi incammino lungo il quartiere Onglavina, dove mi imbatto in un gruppetto di vecchie casette, strade strette strette e scalinate. Giulia, una signora sulla settantina che incrocio per caso e che mi offre provvidenzialmente qualche dritta, mi racconta che un tempo da queste parti ci viveva una comunità di zingari. È a loro che si deve parte del folklore locale, rispolverato ad arte durante i festeggiamenti in occasione della Disfida del Bracciale. Un vero peccato non aver programmato la mia visita durante i giorni di questa incredibile rievocazione storica.
Perdersi tra le strade di Treia
Passeggiando tra i palazzi nobili e alteri di via Roma e via Cavour è praticamente impossibile non farsi distrarre dalle tante viuzze e dalle ripide gradinate che si insinuano tra un edificio e l’altro.
Ci entro senza indugio, mi guardo intorno, sbuco in un vicolo cieco, torno indietro, e imbocco un’altra stradina seguendo un gatto rosso che sembra saperla lunga. E infatti in qualche modo mi riporto sul corso, dove si iniziano a incontrare sempre più passanti.
Anche loro, perlomeno i turisti, paiono affascinati da una curioso edificio dalla forma curva, che qui tutti chiamano La Rotonda. Poco più avanti si trova la casa dove visse da ragazza Dolores Prato, la scrittrice che ha fotografato alla perfezione l’anima di Treia nell’acclamato romanzo Giù la piazza non c’è nessuno.
Mi dirigo verso la piazzetta del Teatro Comunale e, in men che non si dica, mi ritrovo al cospetto di un’altra porta cittadina, la Cassera. So che manca poco per raggiungere il cuore pulsante di Treia e non vedo l’ora. Ancora pochi passi ed eccola lì, una delle piazze più belle della regione: Piazza della Repubblica, una grande terrazza sul paesaggio marchigiano.
Ovviamente, mi affaccio dalla balaustra a ferro di cavallo che la cinge su tre lati. C’è qualche nuvola di troppo, ma pur con il cielo velato lo spettacolo è emozionante. Abbassando lo sguardo, si nota poi lo sferisterio dedicato a Carlo Didimi, dove ogni estate si tiene la famosa Disfida del Bracciale, il torneo di Pallone con il Bracciale simbolo di Treia.
Treia, tra panorami e calcioni
Non solo panorami infiniti (Giacomo Leopardi, quanto ti ho pensato!). In Piazza della Repubblica si trovano alcuni dei principali punti di interesse di Treia. Io decido di andare a vedere le tele esposte alla Pinacoteca prima di proseguire su corso Italia Libera e raggiungere la Cattedrale.
Il tragitto è breve e non privo di inattese bellezze, come vicolo delle Grotte, un suggestivo sottopassaggio pedonale che passa proprio sotto i palazzi treiesi. Trascorrerei ore a passeggiare senza meta e a scoprire scorci come questo, ma lo stomaco inizia a brontolare e ho una voglia matta di provare i famosi Calcioni.
Giulia, la signora incontrata in mattinata mentre gironzolavo per l'Onglavina, si era raccomandata di raggiungerla per pranzo: mi avrebbe fatto una sorpresa. Ho l'indirizzo appuntato sullo smartphone e in una manciata di minuti sono da lei.
Poco dopo, eccomi nella sua cucina, grembiule al collo, che seguo con attenzione ogni passaggio, dalla stesura della pasta al ripieno di ricotta. Un giro in forno, ed ecco pronti i miei primi calcioni, caldi e fumanti. Una vera delizia!
Pomeriggio tra i colori di Treia
La brezza autunnale è piacevole e i colori del paesaggio iniziano a virare verso calde sfumature rossastre e dorate. Annoto mentalmente di fare al più presto un’escursione in mountain bike in zona San Lorenzo e ritorno ad esplorare le strade di Treia.
Mi immagino come devono apparire nei giorni della Disfida, quando l’entusiasmo è incontenibile, le taverne si aprono, la musica risuona tra i vicoli colorati da stemmi e bandierine e si fa festa fino a tardi.
Con gli angoli delle labbra che sembrano andare su da soli senza motivo apparente, punto al convento di San Francesco, sede dal 2004 del Museo Civico Archeologico. Varcato l’ingresso, si viene catapultati nel passato più antico del borgo. È sorprendente trovare qui, nel cuore delle Marche, dei reperti egizi di epoca tolemaica. Provengono da un antico santuario dedicato a Iside e Serapide che sorgeva proprio nelle vicinanze.
Una volta fuori, mi faccio guidare dall’intuito (e dalla segnaletica). In una decina minuti mi ritrovo ad ammirare lo spettacolare paesaggio marchigiano dalla Torre dell’Onglavina. I Sibillini, la Maiella, il Conero, il mare: da questo sperone roccioso circondato dal verde sembra di poter abbracciare tutta la regione!
Cosa rende Treia speciale
Treia ha molto in comune con tante altre città collinari fortificate che si incontrano viaggiando in Italia. Come molte di esse, conserva quel certo je ne sais quoi tipico dei piccoli centri medievali. Ma, meglio di molte altre, ha saputo restare fedele alla propria anima, senza snaturarsi nonostante le lusinghe del turismo internazionale. Eppure, passeggiando per le varie contrade capita di ascoltare tante lingue diverse.
E quindi, eccoci tornare al quesito iniziale: che cos’ha questo posto di così speciale?
Buona parte della forza di Treia risiede nel sapersi raccontare e aprire al mondo senza stravolgersi. Non è una cittadina chiusa in se stessa, tutt’altro. Pullula di eventi, manifestazioni culturali, appuntamenti gastronomici.
E tante sono anche le possibilità per fare escursioni e attività sportiva all’aria aperta, dal trekking al downhill. Epperò c’è una costante: per quanti possano scoprirla, raggiungerla e innamorarsene, resta sempre, indissolubilmente, dei suoi abitanti.
Arrivederci Treia!
Torno verso la mia auto a noleggio con la netta sensazione di aver tralasciato qualcosa di importante. Mi riprometto quindi di tornare e di recuperare al più presto. Prima di far rotta verso Macerata, però, voglio concedermi un’ultima deviazione. Imposto il navigatore e metto in moto.
La facciata di Villa La Quiete emerge dal verde di un parco di 29 mila metri quadrati. Passeggio tra le statue, i tempietti neogotici e il magnifico loggiato di questo gioiello neoclassico e mi vien quasi (quasi) voglia di indossare un ingombrante abito a balze e atteggiarmi a nobile ospite del conte Lavinio Spada e della sua amata Natalia.
La risata di un bambino mi strappa via da certe fantasticherie ottocentesche. Il sole inizia a calare ed è giunto per me il momento di salutare Treia. Ma è solo un arrivederci.
È tempo di rimettersi in strada. Mi chiedo dove mi porterà il viaggio. Verso un altro borgo, un'altra storia, un'altra gemma nascosta delle Marche.