I giganti di carta: i carri di cartapesta di Putignano
Il Carnevale è da sempre una delle ricorrenze dell’anno più attese da grandi e piccini, e in Italia gode di una antichissima tradizione. Da Nord a Sud infatti, sono tante le città che festeggiano il Carnevale con cortei, maschere e soprattutto i carri allegorici; Putignano, in Puglia, è il paese dove questi ultimi sono non solo un elemento folcloristico, ma un’eccellenza dell’artigianato locale che impegna tutto il paese, tutto l’anno. L’arte della cartapesta, di cui sono fatti i carri, è tramandata di generazione in generazione.
Origine delle maschere di cartapesta
La cartapesta veniva impiegata già nel 1600 in Spagna come materiale povero per realizzare le statue dei santi per i cortei sacri. È costituita da carta di giornale bagnata, pestata e mescolata a colla, poi modellata su uno scheletro di filo di ferro e infine colorata. A Putignano, cittadina in provincia di Bari, questa usanza, iniziata a fine ‘800, era tenuta l’ultimo giorno di Carnevale in cui con la cartapesta si facevano caricature a sfondo politico; ancora oggi i carri allegorici che sfilano accompagnati da musica e ballerini riprendono in modo satirico temi di attualità e politica nazionale.
Un capolavoro di artigianato
La realizzazione dei carri del carnevale di Putignano inizia molti mesi prima, da quando i mastri cartapestai presentano i bozzetti dei carri alla Fondazione del Carnevale di Putignano. Segue poi la creazione di una forma in argilla sulla quale viene fatto colare del gesso che creerà il calco, precedentemente cosparso d’olio, su cui verranno applicati strati e strati di carta imbevuta di colla (fatta come una volta, con acqua e farina). Una volta asciugata, la carta viene dipinta di colori vivaci; insieme alle meccaniche, luci e musica, le statue di cartapesta si animano e sono pronte per sfilare nelle domeniche del periodo di Carnevale, dando vita ad uno spettacolo imperdibile. Una curiosità: tutto il paese partecipa alla realizzazione dei carri, raccogliendo tutto l’anno i vecchi giornali che saranno destinati alle sculture, rappresentanti di un’arte “povera” ma ricca di tradizione.